Formare al discernimento per far crescere le famiglie

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MIGUEL YÁÑEZ, S.I. | Moderatore del Diploma in teologia pratica con specializzazione in Pastorale familiare

di MIGUEL YÁÑEZ, S.I.

Moderatore del Diploma in teologia pratica con specializzazione in Pastorale familiare

Cosa significa “discernere” nella vita familiare? I docenti del Diploma

in Pastorale familiare hanno condiviso alcune riflessioni su questo tema,

in occasione dell’Anno che papa Francesco ha voluto dedicare alla famiglia

Nell’Anno “Famiglia Amoris Laetitia” – coordinato dal Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita – il gruppo dei docenti del Diploma in teologia pratica con specializzazione in Pastorale familiare della Pontificia Università Gregoriana ha offerto due giornate di riflessione sull’esperienza delle chiese locali riguardo la pratica del discernimento (23-24 aprile 2021).

Quando papa Francesco ha messo al centro dell’Esortazione Apostolica Amoris laetitia il discernimento, alcuni sono rimasti poco meno che sconvolti, come se la parola fosse sconosciuta o addirittura come se si desse alito a un soggettivismo relativista. Il discernimento appartiene invece alla grande tradizione della Chiesa, come pure alla grande tradizione morale dell’Occidente (Aristotele, Tommaso d’Aquino). Dall’altra parte, nella cultura contemporanea si fa fatica a prendere delle decisioni: faticano a decidere le coppie sul proprio futuro, come pure i genitori sui figli.

Cosa significa allora “fare discernimento” nella famiglia e per la vita delle famiglie, nelle diverse stagioni di progettualità, tra crescita e crisi? È a questa pratica che cerchiamo di formare gli studenti del nostro Diploma in Pastorale familiare, fornendo gli strumenti per un approccio interdisciplinare, grazie alle competenze scientifiche dei nostri docenti: dall’antropologia alla sociologia, dalla psicologia alla terapia familiare, dalla teologia morale alla bioetica e alla spiritualità.

 

Tra indecisionismo e autoritarismo

Assistiamo oggi a una crisi dell’autorità: si fatica a prendersi la responsabilità, si rimandano in modo indefinito le decisioni, e i problemi si trascinano creando situazioni ancora più problematiche. L’autorità perde peso nell’educazione dei figli come pure nella scuola: non si osa porre limiti e l’adolescente cresce senza riferimenti che diano sicurezza psicologica ed esistenziale. L’autoritarismo riappare allora come una facile scappatoia, finendo tuttavia per invadere lo spazio della coscienza, dell’esercizio della libertà e della responsabilità; puntare tutto su una normatività rigida finisce così per creare atteggiamenti immaturi e dimissionari.

La parola latina auctoritas proviene dal verbo augere, che significa “fare crescere”. La funzione dell’autorità è dunque quella di stimolare la crescita, fare spazio alle iniziative della comunità, apprezzare la diversità di carismi e di opinioni, insegnando con l’esempio a rispettare la pluralità, osando nel cercare insieme la verità che, pur non essendo mai uniformante, sarà però vincolante. In altre parole, chi cerca onestamente la verità troverà un vincolo nella carità per sentirsi integrato all’altro, e per integrare a sé l’altro, anche se la pensa diversamente. Il vincolo vero e reale è quindi il vincolo interiore, quello della coscienza nell’ascolto della verità, in un continuo processo di ricerca mai definitivo e mai individuale, sempre a confronto con l’altro, con la comunità, con la famiglia, con la realtà.

 

 

La via della carità e la via del discernimento

Papa Francesco parla di una Chiesa ospedale da campo dopo una battaglia (AL 291). A quale battaglia si riferisce? Si tratta dei feriti dal cambiamento epocale, di quanti – nel tentativo di vivere un rapporto di coppia, di formare una famiglia, di costruirsi un futuro per sé e per i propri cari – sono stati travolti dalle lotte ideologiche, dai meccanismi economici, dai cambiamenti culturali, in un vortice che ha fatto loro perdere l’orizzonte emotivo, non riuscendo più a sostenere una relazione, oppure sentendosi impreparati per assumersi le responsabilità della vita familiare.

«Davanti a situazioni in cui si rompono tutti gli schemi» (AL 37), papa Francesco propone due vie: la via caritatis e la via del discernimento. Non sono due vie parallele, ma due correnti che circolano insieme e non si possono separare. La carità, secondo san Paolo, è il criterio supremo del discernimento. Che cosa si tratta di discernere? Proprio la nostra risposta di amore all’esperienza di essere stati gratuitamente amati e chiamati ad amare. Il punto di partenza è la nostra esperienza propriamente spirituale, la chiamata di Cristo e la nostra sequela della sua Persona, secondo i preziosi criteri che il papa ci dona per la nostra personale e comunitaria vita di fede.

La fede, dice papa Francesco, assume il nostro mondo relazionale donandole una luce nuova (LF 54), quella dell’amore che rende efficace ciò che tutti desiderano: essere felici nell’amore. Ma quanti ostacoli a un rapporto di donazione reciproca, di un amore stabile su cui poter contare non soltanto nel presente, ma anche nel futuro. Sappiamo che soltanto Dio può adempiere questa sua promessa, e per questo sempre ci sarà spazio per il perdono, per la possibilità di ravvedersi, per la possibilità di un nuovo inizio.

 

Ri-connettere le persone con l’intimità della coscienza

La scoperta della fragilità – nostra o altrui – non deve spaventarci: è un esercizio di “salute spirituale” che ci aiuta a riconoscere che non siamo idoli o supereroi come imposto da una società aggressivamente competitiva, ma uomini e donne di carne e ossa. Peccatori.

Le norme sono necessarie per trasmettere i valori del Vangelo, ma non sono né le uniche vie né i linguaggi più efficaci per comunicare il Vangelo e la sua logica, dalla quale esse non devono mai essere separate. Le norme seguono inoltre una gerarchia, né possono essere messe tutte allo stesso livello (EG 36). Amoris laetitia recupera dalla tradizione della Chiesa, in modo particolare da san Tommaso d’Aquino, alcuni criteri che illuminano la vita morale dei cristiani. Non possiamo infatti giudicare dall’esterno ciò che capita all’interno della persona, proprio lì dove «egli è solo con Dio, la cui voce risuona nell’intimità» (GS 16). Molti uomini e donne del nostro tempo hanno perso questa connessione con il loro intimo e, quindi, faticano ad ascoltare la voce di Dio, a distinguere la Sua voce da altre voci. Questo è il punto di partenza del discernimento, poiché senza interiorità non c’è discernimento. Ogni pastorale dovrà quindi rendere un aiuto efficace nella scoperta del mondo interiore come base su cui costruire un mondo relazionale stabile e in cammino verso la pienezza.