Istituto di Psicologia, 50 anni in cammino (1971-2021)

Una testimonianza di P. Franco Imoda, S.I.

Condividi:
STANISŁAW MORGALLA, S.I. | Preside dell'Istituto di Psicologia

di STANISŁAW MORGALLA, S.I.

Preside dell'Istituto di Psicologia

Perché un Istituto di Psicologia in una Università pontificia?

A quali bisogni rispondeva, e quali intuizioni lo hanno plasmato?

P. Franco Imoda S.I., tra i fondatori dell’Istituto e suo preside

per molti anni, condivide una preziosa testimonianza degli inizi dell’Istituto,

che festeggia i suoi primi cinquanta anni di storia

Fondato nel 1971, l’Istituto di Psicologia ha lo scopo di preparare specialisti che integrano le dimensioni spirituale e psicologica nelle attività apostoliche ed educative che saranno loro affidate nei propri contesti, geografici e culturali. Oggi i suoi oltre 600 ex-alunni lavorano come formatori ed educatori e in altri ruoli di responsabilità in tutto il mondo.

In questi cinquant’anni di attività, l’Istituto ha voluto rispondere all’invito del Concilio a servirsi delle scienze, «in primo luogo della psicologia e della sociologia», per purificare e maturare la vita di fede (GS 62). In questo modo, l’Istituto vuole offrire una visione della persona che, tenendo conto dei valori cristiani e dell’importanza delle motivazioni subconsce, si ponga come solido fondamento nel compito di aiutare gli altri a crescere nella propria vocazione.

 

Padre Imoda, lei è uno dei fondatori dell’Istituto, nonché suo professore e preside per molti anni. Come nacque l’idea di questa istituzione pionieristica nella storia delle Università Pontificie?

«Il Concilio Vaticano II terminava nel dicembre 1965 e tra i molti messaggi era forte e chiaro quello di un’attenzione speciale alla persona umana. Ce lo ricorda il documento Gaudium et Spes sottolineando che l’essere umano si ritrova pienamente attraverso un dono sincero di sé (cf. GS 24) e che solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell’uomo (cf. GS 22). Anche alla Gregoriana ci siamo sentiti particolarmente interpellati da questo appello. L’Istituto di Psicologia, con un approccio olistico alla persona umana e con l’intento di preparare formatori capaci di accompagnare altri nel cammino vocazionale, è stata una risposta concreta a questo appello.

Benedetto XVI nel suo discorso durante la visita alla nostra università (3 novembre 2006) sembrava interpretare lo spirito di quel progetto sottolineando come, alla Gregoriana,  la presenza di altre scienze umane – quali la psicologia e le scienze sociali – contribuisca a comprendere più profondamente l’uomo sia nella sua dimensione personale interiore, che nella sua dimensione esteriore di costruttore della società, nella giustizia e nella pace, e di comunicatore della verità».

Come furono gli inizi?

«Furono tempi di entusiasmo e sfide. Gli studenti sono stati un grande tesoro, senza il quale sarebbe difficile imparare veramente. La risposta, la partecipazione e l’impegno da parte di giovani – in genere orientati a ruoli formativi e ben presto rappresentanti dei diversi continenti – costituivano una conferma alla bontà del progetto. Solo in qualche caso isolato l’esigenza di un impegno non solo intellettuale, ma anche di tutta la persona, poteva suscitare una sorta di quasi rifiuto, poi presto superato da una conferma e sostegno da parte delle autorità.

Guardandomi indietro, sono grato alle circostanze che mi avevano richiesto di insegnare lo Sviluppo umano, un cammino sfociato poi in una pubblicazione dal titolo Sviluppo umano psicologia e mistero. Un canale per entrare in quello che Gabriel Marcel chiamava il mistero dell’essere umano, partendo dalla ricchezza dell’avventura – anche psicologica – in cui ciascuno di noi è coinvolto nel divenire chi siamo, come “dati” e come “chiamati”. Nell’avviare il nuovo corso di studio l’esigenza di offrire agli studenti una realistica occasione di “accompagnamento” aveva ben presto portato alla creazione di un Centro di Consultazione dove poter impegnarsi, con la supervisione/guida dei docenti, in percorsi psicopedagogici conosciuti come “valutazione della personalità” e “colloqui di crescita vocazionale”. Le richieste per questo servizio non mancarono: le persone passate per il Centro di Consultazione sono quasi 14mila».

 

Da dove venne l’idea di affrontare il tema del mistero umano in prospettiva interdisciplinare? Perché non adottare la sola prospettiva psicologica – già molto ampia come disciplina scientifica – e “appesantirla” con le altre scienze?

«La nostra esperienza nel curriculum di Psicologia clinica in una università secolare, insieme a tutta la sua ricchezza e al suo fascino, non poteva non mettere in evidenza e suscitare anche domande circa la visione e la realtà della persona umana, già evocata nei passi della Gaudium et Spes.

Allo stesso tempo ci trovavamo, con P. Luigi Rulla SJ, nell’ambito della facoltà di Psicologia dell’Università di Chicago in vista del dottorato e per realizzare un interessante progetto di ricerca: studiare le motivazioni di giovani uomini e donne che sceglievano la vocazione religiosa o laicale, con particolare attenzione al loro grado di maturità e alla loro perseveranza. Emersero due grandi linee. La prima linea evidenziava un’alta percentuale di immaturità, distinta dalla “patologia” e che tuttavia doveva essere presa in considerazione come “fragilità”. La seconda linea riscontrava la notevole assenza di cambio, crescita, progresso nei 5-6 anni della loro formazione.

Quanto alla prima linea già il profeta Ezechiele – ripreso poi da sant’Agostino – rimproverava i pastori perché non solo avevano trascurato le pecore “malate” ma anche quelle “fragili”. Quanto alla seconda linea, risuonerebbero le voci di diversi Superiori Generali, tra cui P. Pedro Arrupe S.I. – fermo sostenitore del progetto dell’Istituto – il quale affermava che gli Esercizi Spirituali, pur nel loro grande valore, non erano accompagnati da corrispondenti progressi nello zelo apostolico e comunitario. Ecco allora la domanda: cosa sembra mancare? Come affrontare la grande sfida valorizzando sia la chiamata alla trascendenza della sequela di Cristo che la profonda complessità dell’essere umano, in una società in difficile trasformazione e nelle varie culture? Una “psicologia” può portare un contributo, insieme alla spiritualità?».

Fin dalla fondazione, l’Istituto è sempre stato piuttosto piccolo: un numero di studenti limitato e candidati scelti con molta prudenza. Perché questo “elitarismo”? Non avete pensato di aprire le porte a tutti?

«Alla luce di quanto suggerito sull’esigenza di un percorso formativo che fornisse un’esperienza di integrazione tra aree umana (psicologica) e spirituale, il numero di studenti non poteva essere molto ampio, anche in considerazione del numero di docenti/accompagnatori coinvolti in questo processo esigente e profondo.

Nel frattempo le sfide non potevano rimanere disattese. Nel 1992 Giovanni Paolo II pubblicava l’Esortazione Apostolica Pastores dabo vobis e veniva chiesto esplicitamente alla Gregoriana – in particolare agli Istituti di Spiritualità e di Psicologia – di offrire un programma di formazione, allargando il gruppo limitato degli studenti. I due Istituti diedero allora inizio a un Centro di formazione, l’attuale Centro San Pietro Favre per i Formatori al Sacerdozio e alla Vita Consacrata.

Nel frattempo erano nati nel mondo 14 centri per formatori diretti da ex-alunni dell’Istituto. In passato chiamavamo queste realtà “scuole estive”, un nome che rifletteva l’emergenzialità di queste iniziative, nate per rispondere alle suindicate esigenze formative, spesso disattese dalle proposte locali. Con il passare del tempo le “scuole estive” si sono stabilizzate in istituzioni riconosciute: tre in Africa, quattro in America Latina, quattro in Asia, tre in Europa. In questi continenti operano – prevalentemente in ruoli di formazione o di leadership – più di 500 ex-alunni; e a Roma un Cardinale Prefetto e un Segretario di Congregazioni rilevanti per la formazione».

Alla luce della sua lunga esperienza nell’accompagnamento personale, quale sfida individua nell’accompagnamento dei giovani di oggi? 

«La presenza di studenti provenienti dai vari continenti è arricchente, e ha evocato in modi diversi la domanda su diversità culturale e temporale. Sminuire la varietà e svalutarne l’importanza sarebbe ingenuo, ma, grazie soprattutto alla preoccupazione di una integrazione tra la dimensione spirituale e quella psichica con il maggiore riferimento possibile alla dimensione antropologica, si è cercato in tutto il percorso di ricongiungere gli aspetti variabili o fenomenologici alla struttura e ai processi che sottendono e sono alla base dei processi fondamentali e comuni alla natura umana.

Papa Francesco fa spesso riferimento a tre livelli/realtà della persona umana usando tre immagini: gli occhi, le mani e il cuore. Tradotti in termini più antropologici si potrebbe dire: il conoscere/la verità, l’agire/la volontà-libertà, il sentire/la o le motivazioni. In questo orizzonte, il filosofo Paul Ricoeur ha fatto interamente suoi i luoghi delle fragilità che sono riscontrate e individuate da uno psicologo, Heinz Kohut, nei giovani della post-modernità. La mancanza di coerenza nel mondo del conoscere, del significato; mancanza di fermezza della volontà e quindi nell’impegno della libertà; la mancanza di armonia nelle motivazioni e quindi la serenità, la gioia.

Le “forme”, i modi e le espressioni variano nello spazio e nel tempo, ma uno sguardo e un intervento che si ferma ai “fenomeni” potrebbe essere spesso alla base di quella assenza di crescita in un processo formativo che si rivela insufficiente. Come nell’esperienza affascinante di Giacobbe che vede una scala verso il cielo, con angeli che salgono e angeli che scendono, nella diffusa varietà di esperienze si è costantemente confrontati con la sfida della trascendenza e dell’immanenza. È una sfida appassionante che anche oggi continua ad interpellarci: come accompagnare la persona alla ricerca della sua vocazione nel confronto/incontro con il Dio sempre – con sant’Agostino – superior summo meo, ma anche interior intimo meo?».