Il Seminario patristico e Joseph Ratzinger

Un ricordo di Benedetto XVI

  • 12 gen 2024
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Joseph Carola, S.I. | Facoltà di Teologia

di Joseph Carola, S.I.

Facoltà di Teologia

Il Seminario patristico è stata l’occasione di un rapporto intenso,
fatto di fede condivisa, ricerca intellettuale e grande affetto tra gli studenti
del Seminario guidato da P. Joseph Carola e Joseph Ratzinger.
Iniziato quasi casualmente, questo rapporto fu portato avanti con tenacia,
e accompagnò fino alla fine l’avventura terrena del Papa emerito.

Nel 1999 avevo inaugurato un nuovo Seminario nel terzo anno del Primo ciclo di Teologia, intitolato A Patristic Synthesis of Theology. Uno studente mi informò della possibilità di poter assistere alla Santa Messa che il cardinale Joseph Ratzinger – allora Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede – celebrava presso il Collegio Teutonico, dentro le mura del Vaticano, ogni giovedì mattina. In quegli anni non si svolgevano lezioni in Gregoriana proprio il giovedì mattina, e così ci venne l’idea di recarci tutti insieme alla celebrazione.

 

Gli incontri con il cardinale

La prima volta fu nel marzo 2000. Il pomeriggio precedente avevamo affrontato il tema della creazione discutendo le omelie di Ratzinger sul creato. Fummo ben accolti. Dopo la Messa vidi il cardinale in sacrestia e gli dissi che gli studenti non vedevano l’ora di parlargli, e lui fu molto disponibile.

A questo primo incontro ne seguirono altri quattro. Ogni anno dedicavamo un incontro alle omelie di Ratzinger sul creato in rapporto alla teologia patristica, e il giovedì mattina successivo ci recavamo all’eucarestia che il cardinale celebrava al Collegio Teutonico. Ogni anno mi chiedeva cosa avessimo trattato. «Eminenza, abbiamo letto le sue prediche sul creato». E lui, sempre: «Spero che siate stati gentili con me». Ci riconosceva ogni volta. Nel quinto incontro, dopo questo scambio, gli dissi che avevamo alcune domande. «Sì, davvero?». «In una omelia lei dice che Dio ha creato il mondo, e l’uomo, per diventare Egli stesso uomo. Questo significa che lei prende la posizione di Duns Scoto piuttosto che di Tommaso d’Aquino?». Ratzinger ci rispose: «Attenzione, Padre, non crei un’opposizione troppo netta tra Duns Scoto e Tommaso d’Aquino, perché Tommaso in un commento al II capitolo di Genesi indica che Dio ha creato l’uomo in vista di Cristo». «Eminenza, è sicuro che è il capitolo II e non III? Perché è nel II che viene trattata la caduta». «No. Nel II capitolo. Perché Dio crea l’uomo già in vista di Cristo». Più tardi, infatti, uno studente troverà il riferimento nella Somma Teologica.

Questo momento fu molto fruttuoso. Mons. Gänswein ci aveva chiesto di non trattenere troppo a lungo Sua Eminenza, perché non eravamo l’unico gruppo che veniva a salutarlo. Ma nel momento in cui cominciò il dialogo, gli studenti lo circondarono, e io guardavo mons. Gänswein come a dire: “Non è colpa mia, ma sua”. Ratzinger dedicava tutto il tempo possibile al gruppo, e non era mai lui che decideva di terminare l’incontro, ma io che, a un certo punto, lo ringraziavo. Lui invece non si affrettava, era contento di stare lì a parlare con noi. La sua gentilezza verso gli studenti era grande.

 

 

Gli incontri con il Sommo Pontefice

Nel 2005 non fu possibile ripetere l’appuntamento perché mi trovavo in Australia per la Terza Probazione, e poi il cardinale fu eletto Papa. Allora partecipavamo all’Udienza generale di Benedetto XVI facendoci annunciare, così che, al momento dei saluti, gli studenti del Seminario si alzavano in piedi per salutarlo e lui ricambiava. Avevo sempre l’impressione che ci riconoscesse veramente.

All’Udienza del 1° febbraio 2012, in Aula Paolo VI, quando venimmo annunciati e ci alzammo in piedi, il gruppo cantò Tu es Petrus. Mons. Cushley, che quel giorno annunciava i gruppi di lingua inglese, lasciò trascorrere un certo silenzio prima di annunciare il gruppo successivo, e in quegli istanti il Papa ci guardava, e noi guardavamo lui. Lo salutammo con le mani e risposte con un gesto di saluto: il giorno dopo, la foto di quel tacito scambio era su L’Osservatore Romano.

Nel gennaio 2013 Benedetto XVI, già molto affaticato, non partecipava più all’Udienza fin dall’inizio, e i gruppi venivano presentati prima del suo arrivo, così rinunciammo al canto e ci mancò l’occasione di salutarlo. Due settimane dopo dichiarò di rinunciare al ministero di Vescovo di Roma. Mi trovavo a L’Avana. 

 

 

Gli incontri con il Papa emerito

Il Seminario patristico si concludeva sempre con la Messa e una cena insieme. Durante l’incontro finale del 17 maggio 2013, gli studenti spinsero per richiedere un’udienza con il Papa emerito. Il 22 maggio – festa di Santa Rita, santa delle cause impossibili – scrissi una lettera a mons. Gänswein chiedendo questa possibilità, giustificandola con il grande bene che gli studenti volevano a Benedetto XVI, e domandando se al “Professore” Ratzinger non potesse far piacere la visita di alcuni studenti.

Due settimane l’arcivescovo ci comunicò che papa Benedetto voleva accoglierci il 13 giugno, nel pomeriggio, così avrebbe potuto trattenersi più a lungo con noi. E così fu. Ci accomodammo nella cappella, l’unico ambiente del monastero che potesse accogliere 25 persone. Lui arrivò, si rivolse al Santissimo, pregò il Gloria, e poi mi guardò. Allora mi avvicinai e mi presentai. «Ci conosciamo», mi disse. Sì, si ricordava sia dei nostri incontri al Collegio Teutonico che delle nostre partecipazioni alle Udienze. Poi sedette, e io accanto a lui davanti agli studenti: una scena molto intima. Ci disse che voleva sapere del nostro Seminario. Prima però diedi la parola agli studenti: ognuno si alzò e si presentò al Papa, che fece qualche commento con loro. Poi ci furono le domande, e le accolse tutte, e rispose con grande lucidità. Parlava per paragrafi, anche se non sapeva cosa gli avremmo chiesto. Uno studente gli chiese circa la posizione di Von Balthasar sulla apokatástasis, e lui: «Ho detto a Von Balthasar che non si può dire che l’inferno non esiste!». Ricordava molto bene anche dettagli storici. Gli chiesi se la sera del 1972 che, con Von Balthasar e De Lubac, avevano deciso di fondare la rivista Communio si trovassero al ristorante “Da Ernesto” a Piazza Santi Apostoli, come avevo letto. Ma lui rispose: «No, non è il caso. Credo che eravamo in Trastevere quella sera».

Non ci furono altre occasioni di incontrare Benedetto XVI come gruppo del Seminario, perché secondo il suo segretario era troppo grande. Qualche anno dopo il Papa emerito mi fece invitare per la recita del rosario nei giardini vaticani. Era il 21 febbraio 2016, e potei portare con me anche un ex studente nordamericano che stava per difendere la tesi dottorale, ispirata a uno scambio avuto con Ratzinger durante i nostri primi incontri al Collegio Teutonico. Pregammo il rosario. Il Papa emerito camminava con l’aiuto di un deambulatore. Poi chiacchierammo un po’. In questi ultimi due incontri – il 13 giugno 2013 e il 21 febbraio 2016 – portavo sempre dei doni: lettere di amici, la pizza ebraica che amava molto, e altre cose. Lo studente omaggiò il Papa emerito con una copia della presentazione della sua dissertazione dottorale, perché l’aveva dedicata a lui. Benedetto XVI era molto contento e non vedeva l’ora di leggere quel riassunto. «Tutto è qui!», disse con una gioia notevole.

 

 

Nella vita e oltre

Quella fu l’ultima volta che vedemmo Benedetto XVI in vita, ma ogni anno il Seminario gli scriveva una lettera o una cartolina, e ogni anno ricevevamo qualche risposta, in genere una cartolina di Natale. Nel novembre 2022 celebrammo la Messa nella chiesa di Sant’Ignazio, all’altare di san Roberto Bellarmino, e la offrimmo per lui. Poi scrivemmo e ogni studente firmò.

Alla fine di dicembre si seppe che stava morendo. Eravamo nelle vacanze di Natale e proposi ad alcuni ex studenti del Seminario di andare a pregare per lui a Piazza San Pietro. A causa delle celebrazioni liturgiche del 31 dicembre decidemmo di ritrovarci il 1° gennaio, senza sapere che la nostra preghiera sarebbe stata per il riposo della sua anima. Il nostro gruppetto era in piazza – pregavamo e leggevamo alcuni suoi testi, tra cui il testamento spirituale – quando giunse uno studente in ritardo, scusandosi perché era sceso proprio in quel momento dal Monastero “Mater Ecclesiae”, dove erano le spoglie di papa Benedetto.

Non sapevamo fosse possibile visitarlo. Allora – erano all’incirca le 18 – salimmo anche noi al monastero. E lui era lì, nella stessa cappella dove aveva accolto il Seminario. Andai subito da mons. Gänswein, che mi disse: «Padre Carola, abbiamo ricevuto la sua cartolina, e lui ha visto che tutti i ragazzi hanno firmato, ed era così contento». Dopo la preghiera, nell’uscire dalla cappella mi fermai un’altra volta a salutare l’arcivescovo, che aggiunse: «Padre Carola, sa che il vostro gruppo fu il primo che venne qui dopo la rinuncia? Eravamo ritornati da Castelgandolfo il 2 maggio e in quel mese era venuto a salutarlo solo qualche persona, ma non c’era la pratica di invitare gruppi o altri. Il vostro gruppo è stato il primo che il Papa emerito ha accolto qui al monastero». Il giorno dopo, quando l’ho raccontato nel refettorio della nostra comunità, uno dei padri gesuiti ha chiosato: «Sì, siete stati il primo gruppo, e anche l’ultimo». Questa è la storia del Seminario patristico con Joseph Ratzinger-Benedetto XVI.