Filosofia, una facoltà in movimento

Intervista a P. Gaetano Piccolo S.I., Decano della Facoltà di Filosofia

Condividi:
PAOLO PEGORARO |

di PAOLO PEGORARO

Il nuovo programma di Licenza, i Gruppi di Ricerca,
la Società Filosofica Universitaria della Gregoriana (SOFUG):
la Facoltà di Filosofia è viva e dinamica.
La sua didattica verte su tre criteri:
sistematicità, profondità e personalizzazione.
Gli obiettivi: preparare gli studenti
all’insegnamento, alla scrittura e alla ricerca.

Non è un mistero che lo scorso autunno aleggiasse una certa tensione poiché, a causa della situazione sanitaria mondiale, si temeva un crollo delle iscrizioni. Il “crollo” non solo non c’è stato, ma alcune unità accademiche hanno registrato persino una crescita significativa, come nel caso del primo ciclo della Facoltà di Filosofia. «È un buon segno che ci conferma nella nostra convinzione di offrire una preparazione di base solida, che ha il carattere della sistematicità nella presentazione dei contenuti, ma anche una cura dello studente grazie alla dedizione dei nostri professori», constata il nuovo decano, il gesuita Gaetano Piccolo. «Sebbene i nostri studenti di primo ciclo provengano per lo più dai seminari e dai collegi presenti a Roma, notiamo una presenza crescente di giovani laici e laiche che mostrano un grande desiderio di dedicarsi allo studio della filosofia. Come un po’ in tutte le unità accademiche, anche il nostro programma di licenza ha registrato una lieve flessione degli iscritti, dovuto soprattutto all’impossibilità per molti studenti stranieri di arrivare a Roma in settembre. Al contrario, grazie al processo di selezione dei candidati al dottorato che inizia nell’anno accademico precedente, abbiamo di fatto un numero stabile di dottorandi».

 

Presenza, assenza, distanza: termini che hanno scandito la nostra quotidianità nella pandemia. Sono oggetto di riflessione per la Facoltà?

«Come persone che si impegnano nella riflessione, ci siamo resi conto durante questi mesi che eravamo chiamati a offrire un nostro contributo. In particolare abbiamo pensato di interrogarci sui cambiamenti antropologici nella pandemia. Circa dodici nostri docenti stanno preparando degli articoli che pubblicheremo in due fascicoli di Gregorianum, e nel corso dell’anno abbiamo avuto degli incontri mensili in cui confrontarci come docenti insieme anche ai dottorandi su questi temi. Abbiamo riflettuto per esempio su come la paura condizioni le scelte delle persone e dei governi, oppure su come la mancanza di relazione stia confermando il ruolo della socialità (e non dei social) come caratteristica peculiare dell’essere umano. Bisogna anche riflettere sul modo in cui percepiamo l’altro che diventa, a causa del virus, un nemico potenziale da cui difendersi».

 

Come “impariamo a imparare”? La crisi sanitaria impone una riflessione anche in questo campo?

«A mio avviso, l’esperienza della didattica a distanza, per la quale ci siamo non solo attrezzati, ma anche preparati attraverso corsi di formazione, non può sostituire la didattica in presenza. Gli strumenti digitali sono sicuramente una risorsa in situazioni provvisorie, per esempio per favorire la partecipazione di un numero maggiore di persone in una conferenza, ma non possono sostituire la relazione educativa che è fatta anche di sguardi, di richiami, di attenzione, di spiegazioni nelle pause e nei corridoi, di mani alzate o di volti evidentemente persi e che per questo richiamano l’attenzione del docente. Le piattaforme digitali possono aiutare a condividere il materiale e a interagire nei tempi in cui gli studenti non sono in classe, ma non possono sostituire del tutto la lezione in presenza».

 

Come favorite l’apprendimento della vostra proposta accademica?

«Sono fondamentalmente tre i criteri che ispirano la nostra proposta: sistematicità, profondità e personalizzazione. La base della nostra offerta è costituita dai corsi sistematici che portano avanti l’idea di quelli che un tempo erano i grandi trattati, come la metafisica, l’epistemologia, l’etica ecc. Ognuno di questi corsi si completa però in una parte monografica, detta Lettura guidata, in cui viene presentato con una lettura continua un testo classico significativo in quell’area. Gli studenti completano poi la loro formazione mediante la scelta di corsi opzionali e di seminari, in questi ultimi gli studenti diventano protagonisti, presentando la loro lettura critica di un testo o di una problematica».

 

 

Quali sono gli sbocchi di questo primo ciclo di studio?

«I primi due anni del Baccalaureato consentono di accedere al triennio teologico oppure si può proseguire con un terzo anno di filosofia che consente di ottenere il grado di Baccalaureato. Questo terzo anno ha un impianto specifico, perché mira a completare la formazione filosofica mediante quelle discipline che, per ragioni di tempo, non trovano collocazione nel biennio, per esempio la filosofia della storia o l’estetica. Tra gli aspetti specifici del terzo anno di Baccalaureato vorrei ricordare le letture monografiche, ovvero la lettura continua di due testi sviluppata attraverso incontri personali tra lo studente e un tutor».

 

Con il nuovo anno accademico partirà anche il nuovo programma della licenza. Quali competenze si vogliono fornire agli studenti, e in che modo?

«Da diversi anni stiamo portando avanti una riflessione sul secondo ciclo. Ci siamo interrogati da una parte su dove vogliamo portare i nostri studenti, dall’altra su chi sono i nostri studenti e su come sono cambiati nell’ultimo decennio.

Circa le competenze, siamo partiti da alcuni criteri chiari: i nostri studenti per lo più andranno a insegnare nelle istituzioni dei loro Paesi di provenienza, imparare a insegnare deve essere dunque un obiettivo della nostra formazione; in secondo luogo, vogliamo preparali alla ricerca, in particolare per coloro che proseguiranno la formazione con il percorso di dottorato.

Allo studente verranno presentati i contenuti fondamentali della filosofia nei corsi sistematici, che culmineranno nell’esame di sintesi, che si svolgerà in forma di lezione davanti a una commissione. I seminari saranno invece il luogo dove apprendere a leggere un classico delle diverse epoche storiche, imparando a ricercare ed elaborare un’interpretazione critica.

Il percorso di Licenza prevede anche tre specializzazioni (Teoretica, Pratica, Filosofia della religione) che hanno corsi propri. Questi corsi terminano con un esame scritto per aiutare lo studente a sviluppare la sua capacità di redazione di un testo, che culminerà nella presentazione della tesi di licenza».

 

Questo percorso raggiunge il suo apice nel dottorato, che ha un’ulteriore particolarità: una selezione di ammissione stringente. Come mai?

«Da alcuni anni, la Facoltà segue una prassi accurata nella selezione delle domande di dottorato, soprattutto per evitare che uno studente si iscriva e poi non trovi un contesto utile alla sua ricerca. È necessario infatti che ci sia almeno un docente interessato e competente per aiutare il dottorando nella sua ricerca. Le domande vanno presentate entro la fine di aprile. Successivamente una commissione esamina le domande, gli studi previ e le motivazioni, e stila una lista di coloro che sono ammessi. L’esito della valutazione è comunicato entro il mese di giugno».

 

 

All’inizio faceva cenno ai Gruppi di ricerca, caratteristici della Facoltà di Filosofia: cosa sono e come sono organizzati?

«Dopo il primo anno di Dottorato, durante il quale gli studenti seguono due seminari, abbiamo notato che si verifica una certa dispersione e soprattutto una solitudine dei dottorandi. Per evitare questa dispersione, abbiamo pensato di costruire dei Gruppi di ricerca, mediante i quali i dottorandi possono mantenere contatti tra di loro e con i docenti, sulla base di una comune area di interesse.

Attualmente abbiamo quattro Gruppi di ricerca: il primo riguarda la filosofia sociale e politica, il secondo la mentalità scientifica e le questioni su Dio, il terzo verte su realtà, linguaggio e interpretazione. Il quarto gruppo è il più recente ed ha una particolarità: pur nascendo nella Facoltà di Filosofia, ha però un carattere interdisciplinare e coinvolge, per ora, solo i docenti di diverse unità accademiche».

 

Quasi speculare a questa attività di ricerca per i docenti c’è una proposta per gli studenti: la Società Filosofica Universitaria della Gregoriana (Sofug).

«Si tratta di una realtà presente da molti anni nella nostra Facoltà. Uno spazio autonomamente gestito dagli studenti, dove mettere in comune le loro ricerche, in un contesto meno formale. Il gruppo si riunisce negli spazi dell’Università ed è sempre stato sostenuto dai decani che si sono succeduti. Sulla pagina Facebook della Facoltà trovano spazio anche le iniziative della Sofug».

 

Vi sono poi alcuni appuntamenti annuali, scanditi da convegni in collaborazione con altre istituzioni prestigiose...

«Da alcuni anni lavoriamo a più stretto contatto con il Centro di Studi Filosofici di Gallarate che è espressione della Compagnia di Gesù. Da sempre molti nostri docenti partecipano ai convegni annuali del Centro, ma la novità è che negli ultimi anni una sessione del Convegno si svolge in Gregoriana come segno di questa collaborazione. Siamo poi in contatto con la Società Italiana di Filosofia della Religione con la quale stiamo organizzando un convegno sul tema della Provvidenza che avrebbe dovuto svolgersi nel novembre scorso e che è stato rimandato».