Dal docere al movere

 

 

Aertgen van Leyden, La vocazione di Sant'Antonio di Padova Le proposte retoriche di Pietro Ramo (1515-1572) indicano una scissione nella retorica classica. L'inventio e la dispositio conformeranno la dialettica mentre l'elocutio sarà il cuore della retorica.  Se il thema nel sermo modernus era centrale nella precettistica della predicazione medievale fino al Concilio di Trento, il secolo XVII vedrà il trionfo della voce e del gesto ardente. Fino alla prima modernità la conoscenza si annidava nella retorica, a partire da allora l'argomentazione sarà destinata alla produzione del sapere e la persuasione alla retorica. Si produrrà, così, uno sdoppiamento tra verità scientifica e verità morale. La tecnologia della stampa e la lettura solitaria, aiuteranno a distinguere  tra logica e retorica. Dal pulpito prenderà il sopravvento l'elocutio con l'obiettivo di movere: Il fine dell’oratore cristiano deve consistere nell’insegnare fedelmente ciò che è necessario od opportuno che il popolo sappia della scienza divina, e contemporaneamente muoverlo verso il conseguimento delle virtù e l’abbandono dei vizi. (Roberto Bellarmino, De ratione formandae concionis)

 

Dalla cultura della oralità alla cultura della stampa

La retorica rispecchia una società che si concepisce in modo stratificato. La comunicazione è possibile solo tra i membri dello stesso strato sociale. Motivo per il quale, il predicatore dovrà esercitare l'accomodatio per poter arrivare ai suoi destinatari: In primo luogo il predicatore deve accomodarsi alla capacità e condizione de’ suoi uditori; ché nulla di più inetto o assurdo si può dire o immaginare, quanto in poverissimo villaggio presso gente rustica travagliata dalla fame e dal freddo inveire contro le laute mense e le vesti troppo splendide intessute d’oro e d’argento; cose che poverissimi paesani non conoscono manco per sogno [...] Intanto il sacerdote si tenga provveduto di molta materia predicabile per adattarla poi alle varie circostanze di persone e di luoghi. Vi hanno cittadini e paesani, nobili e plebei, magistrati e gente privata, dotti ed idioti; e per ciascuna classe di uditori il predicatore dee aver preparati non solo i punti di dottrina loro convenienti, ma ancora saperne dare una compiuta spiegazione. (San Carlo Borromeo, Instructiones praedicationis Verbi Dei).

La retorica non deve essere solo vista nell'ambito dell'ars dicendi: è una legge che si scrive anche sul corpo, risponde alle aspettative di come si vuole essere osservati. La precettistica classica della retorica distingueva tra l'oratore e l'attore, determinando una esagerazione del gesto nel commediante e una parsimonia per l'oratore. In definitiva, in un caso e nell'altro l'obiettivo era il disciplinamento del corpo per garantire l'inclusione nel proprio status sociale.Queste considerazioni riguardo la retorica non si limitano solo al secolo XVII.  La retorica campeggia nei discorsi della pubblicità e della politica che tendono piuttosto a movere che a docere.  Nella nostra modernità complessa le critiche al raggiungimento di una verità scientifica, con validità universale e prescindente di ogni dimensione persuasiva, guadagnano terreno.

L'antico genere oratorio giudiziale, come afferma Carlo Delcorno, è riproposto nella predicazione di età moderna per confutare l'eresia. In questo modo, la predicazione si inserisce nella semantica conflittuale intenta a ridurre la crescente complessità sociale. Questo tratto caratteristico dovrà essere messo da parte se si vuole assimilare quella omiletica con la pratica contemporanea, che pur mantenendo vivo lo scopo di movere,  sancisce la separazione tra ars oratoria e predicazione [Direttorio omiletico, 2015] e abbandona ogni accenno di lotta e di rifiuto verso le dissidenze dottrinali. Nella dedicatoria del frate Simone Rickius alla prima edizione delle prediche di Roberto Bellarmino a Lovaino [Illustrissi et reverendissimi D. Roberti Bellarmini S.R.E. Cardinalis, Conciones, habitae Lovanii ... Colonia, Johannem Crithium, 1615] queste vengono assimilate come un complemento delle Disputationes de Controversiis:

Perciò a nessuno deve sembrare cosa straordinaria se tuttora vivendo l’Illust.ma Signoria Vostra la propria vita nella Compagnia di Gesù, mentre è dedita anima e corpo alla quasi davidica costruzione di una torre alla quale si appenderebbero mille scudi e ogni armatura dei coraggiosi, intendo dire a quell’opera davvero immensa delle Controversie Universali del tempo nostro, abbia resistito a privarsi di quelle Concioni, che incidentalmente e quasi facendo altro, nella celeberrima Università Lovaniense aveva con plauso di tutti gli ordini, pronunciato dall’alto della tribuna.

 

 

Nota bibliografica e documentaria:

C. Delcormo, Forme della predicazione cattolica fra Cinque e Seicento, in Cultura d'elite e cultura popolare, a cura di O. Besomi e C. Caruso, Basel, Birkhäuser, 1995, pp. 275-301.