Conservare per dimenticare

L'atto di conservare implica necessariamente una selezione che ha come conseguenza l'oblio degli elementi che non si è scelto di preservare.

Gli oggetti che oggi si trovano in archivi e biblioteche di conservazione hanno per lo più perso il loro valore di strumento trasformandosi in oggetti semiofori hanno, cioè, la funzione di essere mediatori tra il visibile e l’invisibile. Il semioforo esiste nella misura in cui è guardato rimanendo presente pur provenendo da un lontano passato. La collezione è un insieme di cose esposte allo sguardo, ma allo sguardo di chi? Di colui che sa guardare. 

Nessuno dei manoscritti che è stato usato per decenni nelle aule del Collegio Romano verrà oggi usato per veicolare in una lectio i contenuti che vi si trovano scritti. 

Un altro caso è rappresentato dai lavori preparatori per le edizioni. Le bozze manoscritte cessano di essere uno strumento vivo nel momento stesso in cui le opere usciranno dai torchi tipografici, tanto che lo stesso autore trovando errori correggerà direttamente l'esemplare edito.

Ci dovremmo chiedere, dunque, quale sia il senso della conservazione di documenti che hanno perso la loro funzione originaria. Talvolta i manoscritti assumono il valore di reliquie. Si pensi al testo degli Esercizi di Ignazio di Loyola, divenuto "oggetto sacro" per il quale non è più prevista la consultazione, ora veicolata attraverso un nuovo supporto: l'immagine digitale. Consapevoli che l'intero patrimonio di un archivio o di una biblioteca non diverrà mai reliquia, dobbiamo essere consapevoli che mentre alcuni documenti saranno restaurati e valorizzati altri continueranno a rimanere in pessimo stato di conservazione sullo scaffale. 

Scelte di conservazione sono sempre state fatte, per le ragioni più svariate. Tra i motivi più pericolosi l'inconsapevolezza del valore del documento che si aveva tra le mani. Un esempio concreto della distruzione possibile riguarda proprio uno dei manoscritti bellarminiani della sua opera più celebre "Disputationes de Controversiis". Gli autografi oggi conservati in APUG sono relativi al secondo e terzo volume dell'opera proprio poiché il primo volume "per inavvertenza di non so chi venne imprudentemente stracciato" cfr. p. 166 Vita del Bellarmino di Giacomo Fuligatti (1624).

Tracce di gesti di distruzione sono presenti in così tante carte e legature che spesso non ci si fa più caso. Oltre alla distruzione interna dobbiamo fare i contri con tutto quello che nel tempo è accaduto fuori dalle mura dell'archivio: guerre, sequestri, eventi imprevisti e catastrofici hanno decimanto il patrimonio che oggi siamo chiamati a preservare. 

Infine chiediamoci, affinchè ogni operazione di tutela abbia senso, per chi lo stiamo facendo. Non nascondiamoci dietro il paradosso di voler lasciare a chi verrà dopo di noi una eredità di cui nemmeno noi comprendiamo appieno il valore.