Dalle "Vite" alle "biografie"

Le prime narrazioni sulla vita di Roberto Bellarmino vennero pubblicate subito dopo la sua morte avvenuta nel settembre del 1621. La più antica, intitolata Adumbrata imago solidarum virtutum Roberti Cardinalis Bellarmini, risale al 1622 ed è opera di Francesco Maria D'Amato, un gesuita vicino al cardinale che la pubblicò usando lo pseudonimo Marcello Cervini; in passato D'Amato aveva tradotto dal latino all'italiano alcune delle ultime fatiche letterarie del Bellarmino e con questa imago è evidente già dal titolo l'intenzione di mettere in risalto le virtù del cardinale e di aprire così la strada al processo di beatificazione.

Nel 1624 uscì poi la Vita composta in italiano da Giacomo Fuligatti, la prima pubblicata con tutte le approvazioni della Compagnia di Gesù, che sarà tradotta in latino nel 1626 da Silvestro Pietrasanta e stampata nuovamente in italiano nel 1644. Di poco successiva è quella di Daniello Bartoli, pubblicata per la prima volta nel 1678 e stampata a più riprese nel corso dei secoli XVIII-XIX.

Tutte queste vite furono pubblicate da membri della Compagnia, i cui vertici iniziarono da subito ad impegnarsi per cercare di promuovere il processo di canonizzazione del Bellarmino. Dopo che l'iter si interruppe per la terza volta alla metà del '700, bisognò attendere la fine del secolo successivo per assistere alla sua ripresa e, contestualmente, a una rinnovata produzione editoriale di vite del Bellarmino redatte da autori gesuiti: il lavoro di Jean Baptiste Couderc è del 1893; quello di Emmerich Raitz von Frentz, ristampato e tradotto più volte, è del 1921; infine nel 1928, a beatificazione ormai avvenuta, James Brodrick pubblicò quella che divenne di fatto la biografia di riferimento del cardinale di Montepulciano (almeno per gli storici dell'ordine ignaziano).

 

Timeline delle Vite del Bellarmino (1622-1965)

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