Il busto di G. L. Bernini

Tra le immagini che di Roberto Bellarmino sono giunte fino a noi, la più celebre e fedele nonché straordinaria per esiti formali è certamente quella che Gian Lorenzo Bernini scolpì in marmo destinandola al monumento funebre che intraprese assieme a suo padre Pietro nel 1623, per la chiesa del Gesù di Roma. Si tratta di un complesso decorativo molto ben documentato, la cui costruzione possiamo seguire tappa per tappa sotto il profilo archivistico, anche se purtroppo nulla resta più di esso, se si eccettua appunto il busto-ritratto dell’illustre defunto e l’epigrafe commemorativa.

Fig.1 - Gian Lorenzo Bernini, busto del cardinale Roberto Bellarmino, 1623-24. Roma, chiesa del Gesù (foto di L’uboš Rojka SJ).

 

Dopo lunga agonia, il cardinale Bellarmino spirò presso le stanze del Noviziato di Sant’Andrea al Quirinale il 17 settembre 1621 e, secondo le sue prescrizioni testamentarie improntate alla massima umiltà, fu sepolto nella cassa comune dei confratelli della Compagnia senza alcuna distinzione o memoria particolare. Comunque, anche in vista del processo di canonizzazione che si intendeva intraprendere a favore del cardinale poliziano, il padre generale Muzio Vitelleschi, ad un anno di distanza dalla scomparsa dell’illustre teologo, il 14 settembre 1622, ordinò di riesumarne il corpo perché fosse sepolto in un più degno monumento da erigersi nella tribuna della stessa chiesa del Gesù. Nella riesumazione del cadavere, si constatò che “il corpo era in parte intero e in parte corrotto. Il capo e il busto erano interi con gran parte delle braccia et mani. Il rimanente erano ossa e nervi…”. A quel punto il corpo rivestito “con tonicella, pianeta, stola et manipolo di taffettà pavonazzo fu collocato in una cassa di cipresso con fodera di piombo et posato a seppellire”. Il fatto che parte del corpo dopo un anno fosse rimasta intatta fu considerato un segno della grazia divina e un’esperienza simile era stata vissuta alla fine del secolo precedente, quando nelle fondamenta di Santa Cecilia in Trastevere era stato rivenuto, a tanti secoli di distanza, il corpo incorrotto di Santa Cecilia martire. Anche in quel caso il cardinale titolare Paolo Emilio Sfondrati aveva commissionato a Stefano Maderno una statua in marmo di Carrara, che imitava perfettamente le fattezze del corpo di Cecilia, da collocare entro un loculo aperto nella transenna marmorea della stessa basilica trasteverina. Nel caso Bellarmino fu invece il cardinale Odoardo Farnese, grande benefattore della Compagnia e amico devoto del teologo gesuita, che si assunse la spesa dell’affidamento del monumento all’architetto Carlo Rainaldi e ai Bernini padre e figlio, che iniziarono i lavori nell’agosto del 1623, portandoli a termine l’anno successivo. Così Farnese consacrò a Bellarmino “il più ricco e honorato sepolcro, che sia nella chiesa del Gesù di Roma, lavorato di marmi, e pietre mischie intarsiate, e adornato di Statue, opera del Cavalier Bernini eccellente scultore”.  Dell’assetto del monumento compiuto dai Bernini possiamo solo farci una pallida idea da un disegno reso noto da Stanislao Fraschetti nel 1900 che deriva da quella composizione. Proprio come nel monumento eretto per lo stesso Sfondrati da Carlo Rainaldi in Santa Cecilia in Trastevere, il sepolcro era costruito a parete su due registri, con in alto una nicchia contenente il busto-ritratto del defunto circondato da due figure di virtù, Fede e Sapienza, e sotto la lunga epigrafe encomiastica, anch’essa sopravvissuta, che così recita: “ROBERTO / CARD. BELLARMINO / POLITIANO E SOC. IESU / MARCELLI II P. M. / SORORIS FILIO / ODOARDUS / CARD. FARNESIUS / SUI ERGA VIRUM QUEM / PATRIS LOCO SEMPER COLUIT / AMORIS NUMQUAM MORITURI / MONUMENTUM POS. / OBDORMIVIT IN DOMINO / ANNO SAL. MDCXXI / AET. SUAE LXXIX”. Questo assetto fu completamente distrutto nel 1841, quando furono effettuati i lavori di ristrutturazione della tribuna promossi da Antonio Sarti, che si giovò della collaborazione dello scultore Adamo Tadolini per realizzare due nuove virtù in sostituzione di quelle originarie. Dell’opera berniniana resta quindi solo “il busto del Bellarmino dal naturale”, secondo l’efficace espressione di Daniello Bartoli, che involontariamente indica il realismo che caratterizza l’effigiato, secondo quei criteri di adesione al modello naturale che tanto interessò la ritrattistica di Bernini attorno al 1620-25. Bellarmino, nella originaria composizione del sepolcro, volgeva il corpo e le mani unite in preghiera in direzione dell’altare – e quindi del Sacramento dell’Eucarestia, oggetto massimo della sua venerazione – ma lo sguardo al popolo dei fedeli raccolti nella navata, coinvolgendo così anch’essi nell’adorazione. Così quel busto veniva a creare un ‘composto’ che metteva in relazione la scultura con gli elementi dell’ambiente circostante, secondo i principi sperimentati dal grande maestro. La funzione salvifica dell’Eucarestia, per il Bellarmino moralista e teorico della ‘buona morte’, veniva così sottolineata con efficacia da Bernini. Per questa composizione Gian Lorenzo dovette tenere ben presente il monumento del cardinale Giovanni Girolamo Albani, che il lombardo Giovanni Peracca da Valsoldo aveva scolpito attorno al 1590 nella chiesa di Santa Maria del Popolo, mettendo in luce con crudo realismo l’aspetto senile e cadente del vecchio porporato, anche lui in atteggiamento di adorazione eterna. Sul filo di questo naturalismo lombardo, che nella Roma del tempo significava soprattutto il contatto con la ritrattistica caravaggesca, Bernini aveva scolpito, negli anni precedenti al busto Bellarmino, opere capitali come i busti-ritratto di Giovanni Vigevano in Santa Maria sopra Minerva, del medico fiorentino Antonio Cepparelli in San Giovanni dei Fiorentini, del prelato spagnolo Pedro Foix de Montoya per San Giacomo degli Spagnoli (1622), del cardinale Alessandro Peretti Montalto oggi nella Kunsthalle di Amburgo, dell’arcivescovo di Pisa Carlo Antonio dal Pozzo nella National Gallery di Edimburgo e di Virgilio Cesarini nel Palazzo dei Conservatori a Roma. Si tratta di una vera e propria straordinaria galleria di effigi, rese con indagine scrupolosa nei tratti fisiognomici e nell’effetto epidermico dei volti, delle capigliature, delle barbe e dei tessuti che rivestono le figure. Di questa ‘galleria’ ideale, il capolavoro conclusivo resta proprio il busto di Bellarmino, colto nell’espressione di abnegazione e quasi di ascetico distacco, ma anche nei vividi tratti della fronte ampia segnata da rughe, nei padiglioni delle orecchie sottili e quasi diafani, nelle guance avvizzite dall’età del porporato quasi ottuagenario.

Alessandro Angelini (Università degli studi di Siena)

Nota bibliografica:

De arte bene moriendi libri duo, R. S. R. E. Card. Bellarmino e societate Iesu, Viterbo 1620; Vita del cardinale Roberto Bellarmino della Compagnia di Gesù, composta dal p. Giacomo Fuligatti della medesima Compagnia, Roma 1624, ff. 344-351; Della vita di Roberto Bellarmino arcivescovo di Capua della Compagnia di Gesù, scritta da padre Daniello Bartoli della medesima Compagnia libri Quattro, Roma 1678, ff. 231-264; S. Fraschetti, Bernini: la sua vita, la sua opera, il suo tempo, Milano 1900, p. 35; P. Pecchiai, Il Gesù di Roma descritto e illustrato, con prefazione di p. P. Tacchi Venturi, Roma 1952, p. 210; I. Lavin, Five new Youthful Sculptures of Gianlorenzo Bernini and a revised Chronology of His Ealrly works, in ‘The Art Bulletin’, 1968, 3, pp. 2223- 248; R. Wittkower, Bernini. Lo scultore del Barocco romano, Milano 1991, pp. 238-239; M. P. D’Orazio, in Gian Lorenzo Bernini. Regista del Barocco, catalogo della mostra di Roma (Roma, Palazzo Venezia 21 maggio-16 settembre 1999) a cura di M. Fagiolo dell’Arco e M. G. Bernardini, Milano 1999, pp. 322-323; T. Montanari, Il colore del marmo. I busti di Bernini tra scultura e pittura. Ritratto e storia. Funzione e stile (1610-1638), in I marmi vivi. Bernini e la nascita del ritratto barocco, catalogo della mostra di Firenze (Firenze, Museo Nazionale del Bargello 3 aprile-12 luglio 20109) a cura di A. Bacchi, T. Montanari, B. Paolozzi Strozzi, Dimitrios Zikos, Firenze 2009, pp. 71-135, in particolare p. 97; A. Desmas, L’affermazione come ritrattista, in Bernini, catalogo della mostra di Roma (Roma, Galleria Borghese 1 novembre 2017-4 febbraio 2018) a cura di A. Bacchi e A. Coliva, Milano 2017, pp. 93-102; X. F. Salomon, The lost monument to cardinal Robert Bellarmine, in The Holy Name: art of the Gesù: Bernini and his age, ed. by L. Wolk-Simon, Philadelphia 2018, pp. 125-144; A. Angelini, Gian Lorenzo Bernini e “il busto dl Bellarmino dal naturale” nella chiesa del Gesù di Roma, in Bellarmino e i gesuiti a Montepulciano. Studi in occasione del IV centenario della morte di San Roberto (1621-2021), atti delle giornate di studio Montepulciano 16-17 settembre 2021, in corso di pubblicazione.